La Comunità Valenciana è una terra di tradizioni, gastronomia e paesaggi incredibili. Uno dei luoghi più rappresentativi è Cullera, splendida località costiera della Ribera Baixa, a sud di Valencia. Bagnata dalle acque del Mediterraneo e del rio Júcare riparata dal monte di les Raboses, Cullera...
Attraversiamo assime alcuni tra i luoghi meno conosciuti e visitati del Parco Nazionale di Cabo de Gata, tra scorci panoramici suggestivi e una moltitudine di punti di interesse naturali e storici.
La passeggiata non presenta particolari dislivelli, ma la lunghezza del percorso e i vari tratti sabbiosi possono renderne faticosa la percorrenza.
Se non ti senti pront* ad affrontare tutto il percorso in un’unica tappa puoi suddividerlo.
Nella mappa allegata abbiamo indicato i parcheggi dove è possibile fermarsi per compiere le tappe separatamente.
Le informazioni che ti forniamo, veritiere oggi, si riferiscono ad un ambiente naturale e quindi mutevole. Sentieri e passaggi potrebbero scomparire nel corso del tempo e le condizioni metereologiche potrebbero rendere difficoltoso un percorso precedentemente semplice.
Assicurati di avere un’adeguata preparazione fisica, di adottare le opportune misure di sicurezza e di aver studiato a fondo il percorso.
La mappa: da San Miguel de Cabo de Gata ad Almeria
Nella mappa qui sotto abbiamo segnato i parcheggi in cui abbiamo sostato durante il giorno (indicati come parking-day) e quelli dove abbiamo dormito senza disturbo o avvertimenti dalle forze dell’ordine (parking-night), i punti di interesse storici (marrone), quelli naturali (verde), spiagge (giallo) e abbiamo segnalato dove è possibile approvvigionarsi di acqua e gettare la spazzatura (raccolta differenziata).
Per ultimo - non per importanza - abbiamo segnalato in fucsia e con il simbolo della raccolta differenziata i luoghi incontrati che versano in uno stato di degrado esagerato a causa dell’accumulo di rifiuti.
Luoghi in cui abbiamo raccolto e differenziato personalmente una parte dei rifiuti e nei quali ci auguriamo che altri oltre a noi facciano altrettanto, in quanto convinti, che senza questo tipo di iniziative, in un futuro molto vicino non saranno più fruibili, e che, al contrario, con un piccolo contributo nel raccogliere qualche rifiuto possono tornare puliti e naturali come già furono.
Tutte queste informazioni, così come il fatto che il parcheggio venga tollerato, potrebbero in futuro variare.
Attenzione! I parcheggi tollerati al momento della nostra permanenza sono solo quelli indicati: all’interno di tutti il Parco Naturale di Capo de Gata vige infatti il divieto di permanenza nottura all’interno di qualsiasi mezzo di trasporto e di sosta notturna di veicoli adibiti al campeggio o parificati.
Dove sostare: San Miguel de Cabo de Gata

La nostra base: San Miguel de Cabo de Gata
San Miguel de Cabo de Gata è un tradizionale villaggio di pescatori nel Parco Naturale di Cabo de Gata.
Comunemente conosciuto come Cabo de Gata, con poco più di 1500 abitanti, è uno dei principali villaggi del parco, 28 km a est di Almeria, sul lato ovest del promontorio di Cabo de Gata.
Diversi sono i servizi, tra cui ristoranti, bar, gelaterie e alcuni piccoli supermercati.
Questi, uniti alla possibilità di parcheggiare comodamente in riva al mare e la posizione centrale rispetto al lato orientale della baia di Almeria, lo rendono il perfetto punto di parenza per l’esplorazione del versante est della baia di Almeria e verso il faro di Cabo de Gata.
Playa de San Miguel e Torreon de Gata

Conosciuta come Playa de Cabo de Gata, è una spiaggia sabbiosa, larga 90 metri e lunga 2 chilometri e mezzo, di cui circa 500 metri affiancati dalla passeggiata sul lungomare, parte di un’ampia lingua di costa sabbiosa e selvaggia, di origine sedimentaria formatasi 15 milioni di anni fa, che si estende dalla Playa de La Cañada (Almeria) alla Playa de la Fabriquilla.
È una spiaggia comoda, ottima per nuotare, con sabbia chiara e ghiaia, ricca di servizi come docce, bagni, bar, ristoranti, chiringuitos, acceso per disabili e in alta stagione il servizio di soccorso. Questo, unito alla qualità delle sue acque, l’hanno resa Bandiera Blu dell’Unione Europea.
Sono tante le attività nautiche quì praticate: soprattutto pedalò (qui chiamato patines), kayak e paddle surf.
La Playa di San Miguel vanta inoltre la più bella vista sulla baia di Almeria, davvero splendida al tramonto!
Torreón de San Miguel (o Torreon de Gata)

Nel punto più ad est della Playa di San Miguel si erige il Torreón de San Miguel, o Torreon de Gata, una torre difensiva edificata tra il XVII e il XVIII secolo, per volere di Fernando VI al fine di difendere le saline e la città di La Almadraba dagli attacchi.
Abbandonata dopo la Guerra d’Indipendenza divenne nel 1941 proprietà della Guardia Civil, ma cadde nuovamente in disuso quando questa si trasferì in una nuova caserma.
Al momento il Torreón de San Miguel non è legalmente visitabile, ma l’attuale stato di degrado ha comportato il crollo di una parte delle mura che la cingono ad ovest rendendone di fatto possibile l’accesso. Non è raro infatti scorgere coppie sedute sulla cima della struttura pericolante, in contemplazione del tramonto.
Attorno a questa torre i pescatori della città di San Miguel de Cabo de Gata attraccano le loro barche durante il giorno, dopo la pesca notturna. Sul retro parte invece un lungomare sterrato con diverse bancarelle che, costeggiando la spiaggia, conduce al parcheggio all’entrata del paese.

Playa del Charco
Proseguendo in bici o a piedi lungo la costa, in direzione di Almeria, subito fuori dall’abitato di San Miguel de Cabo de Gata si incontra la Playa del Charco, per un certo tratto percorribile anche in auto, van o camper, prestando attenzione a non insabbiarsi.
Costa assolutamente selvaggia, molto bella e pulita, non presenta nessuna struttura se non un paio di chiringuitos: fuori stagione gli unici esseri umani che si incontrano sono i pescatori del luogo e pochi, rari turisti, specialmente tedeschi, francesi e olandesi.
A nord la spiaggia confina con un immenso parco dall’aspetto arido e desertico, dove su basse dune sabbiose crescono piccoli arbusti e, solo in lontananza, alcune palme.
Albufera de Rambla de Morales

Playa del Charco è lambita a ovest dall’Albufera de Rambla de Morales, una laguna generata dalla foce di un fiume intermittente: la Rambla de Morales.
Le Ramblas, canali fluviali tipici dei climi semiaridi, sono corsi d’acqua generalmente asciutti, tranne che nei periodi di forti piogge, concentrati in pochi giorni tra fine primavera e inizio autunno (fenomeno noto come la goccia fredda).
Durante questi rari eventi generano forti deflussi che si incanalano verso il mare. La grande quantità di acqua e sedimenti trasportati provoca talvolta la rottura della spiaggia-barriera e quindi la scomparsa della laguna – precedentemente interrotta dall’accumulo di sedimenti costieri - con ricostituzione della foce, fino ad un nuovo accumulo di sedimenti.
Piccolo specchio d’acqua cristallina, l’Albufera de Rambla de Morales costituisce rifugio e sito di riproduzione per gabbiani, fenicotteri, malvasie, avocette, cicogne e diversi tipi di anatre. Vi consigliamo di portare con voi un binocolo per l’osservazione dell’avifauna!

Costeggiando il canale naturale si passa da un ambiente umido lagunare, caratterizzato da piante di Cortaderia selloana e Arundo donax, a zone aride e desertiche dove sopravvivono solo piante resistenti a climi estremi, come il giuggiolo (di cui i pochi esemplari in zona sono però tutti rinsecchiti) immortelle, pita e graminacee.
Tra la vegetazione, oltre ai volatili, è facile scorgere lucertole dalla coda lunga e coleotteri delle sabbie.
Nuotando in questa zona o osservando la superficie dell’acqua non sarà difficile scorgere gruppi di tartarughe caretta. In prossimità della foce della Rambla de Morales troviamo infatti un’area di nidificazione per queste tartarughe marine.

L’Albufera termina dove iniziano alcune serre agricole, qui si attraversa il canale raggiungendone la sponda occidentale, che si ripercorre in senso opposto fino alla spiaggia.
Playa de las Amoladeras
3.750 metri di spiaggia di ghiaia e sabbia grossolana, priva di qualsiasi struttura o servizio e per questo selvaggia e poco frequentata.
Portoppo mancano anche i cestini. Per questo è estremamente importante portare via ogni rifiuto, al fine di non danneggiarne l’ecosistema.
La spiaggia deve il suo nome alle amoladeras, le macine prodotte nella provincia di Almeria che qui venivano vendute.

Generalmente è esposta ai venti, che formano lo spettacolare sistema di dune che ne caratterizza il paesaggio. È possibile distinguere un sistema dunale stabilizzato, quando le sabbie provengono dagli apporti della spiaggia e un sistema di dune libere, originate dall’azione del vento di ponente, che spoglia il terreno e fa emergere le rocce.
Proprio per la duna fossile che occupa gran parte della sua superficie, importantissima per lo studio dell’evoluzione geologica di questa zona negli ultimi 250.000 anni, è una delle sette riserve terrestri integrali del parco.
A nord della via sterrata che costeggia la spiaggia, si trova il Centro Visita di Amoladeras (accessibile in auto dalla strada che collega San Miguel a El Toyo).
Il centro ospita un’area di accoglienza, una sala proiezioni e tre spazi espositivi – di cui una parte è dedicata agli ecosistemi marini del parco.
La mostra da ai visitatori una sintesi interessante degli aspetti che hanno caratterizzato l’antropizzazione di questo spazio protetto fin dal Neolitico e di come l’origine vulcanica di questa zona e il clima semi-desertico abbiano permesso l’esistenza di sole specie vegetali adattate a situazioni estreme.
Le nostre osservazioni
In tutto il percorso che va da San Miguel a El Toyo non si incontra nulla. Nessun punto di ristoro o per ripararsi. E come già sottolineato mancano anche i cestini.

Certo la mancanza dei cestini non giustifica l’inciviltà, ma considerando i dati di fatto queste spiagge incredibilmente selvagge e naturali finiscono per essere sporche.
un peccato che in un ambiente così bello e unico nel suo genere ci siano queste carenze.
Auspichiamo che vengano prese iniziative adeguate, come l’avvio di bandi che consentano l’installazione di qualche chiringuito sul percorso. Magari la concessione potrebbe essere data in cambio della pulizia della spiaggia. I mezzi ci sono, li abbiamo visti parcheggiati a San Miguel, quindi, perché non usarli? I ricavati del turismo permetterebbero di ripagare ampiamente la benzina e il lavoro investito e anzi si attirerebbero ancora più visitatori.
Oppure, anche senza pensare a procedure articolate come quella proposta, potrebbero organizzarsi, come è in uso in molti altri luoghi anche menoturistici, giornate di volontariato finalizzate alla pulizia dell’ambiente, magari con gare a premi per chi raccoglie più rifiuti.
Anche l’installazione di qualche riparo sul percorso è a nostro avviso auspicabile.
Bunker casamatta di Playa de las Amoladeras

Lungo il sentiero sterrato che costeggia il mare, a circa metà strada tra l’ Albufera de Rambla de Morales e l’inizio della Playa Torre García, si trova uno dei diversi bunker non segnalato sulle mappe che incontreremo lungo questo percorso (coordinate GPS 36.81849, -2.28921).
Poche, anzi pochissime, le informazioni che è possibile trovare in loco (manca ad oggi qualsiasi tipo di cartellone informativo o menzione negli opuscoli degli uffici del turismo).
La tipologia di edificio difensivo, l’ubicazione e la disposizione rispetto agli altri ci avevano fatto collocare temporalmente il bunker all’epoca della seconda guerra mondiale. L’utilizzo di casseforme diverse e irregolari lasciavano poi intuire un’edificazione alla veloce, probabilmente in periodo bellico.

guerra civile spagnola e seconda guerra mondiale.
Eravamo più propensi a dare come buona la seconda guerra ipotesi, ma, considerando le vicende politiche e belliche della Spagna e le modalità della sua entrata nel secondo conflitto pareva strano ad entrambi che in quella zona si fosse reso necessario costruire delle strutture difensive così velocemente.
Scopriremo in seguito che è parte di una serie di bunker costruiti durante la Guerra Civile spagnola ma in seguito ad eventi bellici che esulano sia da questa che dalla Seconda Guerra Mondiale.
Rambla de las Amoladeras e El Pochico
Percorsa tutta la Playa de las Amoladeras, subito prima dell’ inizio della Playa di Torregarcía si trova la foce della Rambla de las Amoladeras (o Cañada de la Higuera), un altro esempio di fiume ad intermittenza.
La Amoladeras è una zona pianeggiante che raggiunge l’altezza massima di 50 m.s.l.m., formata da materiali sedimentari relativamente recenti (250 - 95 mila anni), originati dall’erosione della Sierra Alhamilla.
Svoltiamo a destra e risaliamo il largo sentiero scavato dall’acqua verso l’entroterra.
A circa 300 metri dal mare, sul versante ovest del corso d’acqua troviamo un’antica struttura a forma di camino. È un pozzo in muratura, di origine romana, noto come El Pochico, El Pozo de Torre García o El Pozo de la Rambla de las Amoladeras.

Il pozzo è ancora funzionante, ma privo d’acqua nei lunghi periodi di siccità.
Il suo aspetto particolare, con un cordolo di 5 m fuori terra può confondere il visitatore, portandolo a credere che si tratti di un camino o di una torre. Questo si deve in realtà all’azione erosiva dell’acqua e dei venti e all’azione estrattiva umana, che trasportando via la sabbia ne ha scoperto la parte normalmente sotterrata.
Interessantissima è la prova del suo utilizzo continuo a partire da epoche lontane, l’apertura di tre diverse bocche per la carrucola su livelli diversi. La costruzione del pozzo era inizialmente finalizzata alla fornitura di acqua dolce e potabile ad un’antica colonia romana presente in questa zona, di cui altre tracce rimangono nelle vasche di salatura ad est vicino a Torre García.
Fu utilizzato regolarmente fino a tempi recenti, infatti dai tempi di Franco fino agli anni 90 forniva acqua ad una guarnigione della Guardia Civil presente in una caserma sull’attuale lungomare di Retamar.
Negli ultimi anni El Pochico ha subito un crollo parziale nella parte più alta del cordolo e al momento della nostra esplorazione continua a versare in tale stato. Insistendo su una proprietà privata si attende un intervento di restauro e conservazione da parte dei proprietari, che ci auguriamo non tardi ad arrivare.
Stratificazione ed erosione del suolo

Tutto intorno al pozzo sono evidenti i segni del processo erosivo, frenato solo dall’azione stabilizzatrice degli apparati radicali di piante di timo marittimo.
I bassi rilievi ai margini mostrano vari strati geologici. Ponendosi frontalmente ad uno spaccato di terreno eroso è possibile distinguere i diversi materiali dal colore e dal tipo erosione differente, più o meno marcata di quella dei materiali adiacenti. Strati alternati di limo sabbioso, arenarie e conglomerati di spessore variabile.
Alcuni strati più marcati sono indicatori della variazione del livello del mare in questo luogo All’interno, a testimonianza che fu anche sommerso, è possibile trovare senza difficoltà resti fossili di animali marini provenienti da tempi lontani e climi diversi. Un esempio ne è lo Strombus bubonius, una lumaca marina tropicale.
Anche se particolari e interessanti è importante non asportare questi fossili in modo da non rovinare l’ecosistema e permetterne la contemplazione anche ai futuri esploratori.
Vecchie piantagioni di Agave

Sulle sponde delle varie ramblas che incontriamo sul nostro percorso notiamo l’intensificarsi di piante di agave, che, da turisti disinformati riteniamo essere piante autoctone.
Errore che si deve anche al fatto che le agavi, assieme all’Indalo e al Sol de Portocarrero, sono tra i simboli di Almería e dell’andalusia.
Incuriositi da alcune filari più vecchie che sono disposte in modo equidistante e troppo ordinato per essere opera della natura cerchiamo ci sorge qualche dubbio. Cerchiamo quindi uteriori informazioni e scopriamo che l’agave non è originaria delle terre andaluse, e che al contrario deriva da vecchie piantagioni abbandonate e inselvatichite.
Le piantagioni di agave a Cabo de Gata
Le agavi che qui vediamo sono in gran parte esemplari di agave sisalana e agave fourcroydes, specie particolarmente invasive.

E costituiscono la testimonianza vivente dell’esistenza in loco tra il 1956 e il 1958 di un estesissima coltivazione di piante di agave. Su un’area di 3000 ettari, tra Parco Naturale Cabo de Gata-Níjar e El Toyo, ne vennero piantate circa 2 milioni di esemplari.
Questa installazione si deve ad un progetto degli anni ‘50 per lo sfruttamento e il miglioramento delle aree aride del sud-est spagnolo promosso dal Ministero dell’Agricoltura del tempo con la finalità di istallare nella zona delle fabbriche tessili per la produzione di cordame.
L’agave infatti, come la canapa, il cotone e il cocco è tra le piante più importanti per la fornura di fibre tessili. Ma purtroppo l’eccessiva aridità dei terreni scelti e la scoperta delle fibre sintetiche affarono anzitempo questo progetto. Da allora le piante di agave presenti sul territorio continuano a moltiplicarsi in maniera inarrestabile.
Quest’abbandono andrebbe oggi riconsiderato, visto il rinnovato interesse per questa fibra naturale, dovuto alla sua elevata resistenza e qualità rispetto alle fibre sintetiche e alla sua maggior sostenibilità dal punto di vista ambientale.
Playa de Torre García

Ritornando indietro dalla visita al Pochico, dall’esplorazione dei campi d’agave e dei sedimenti rocciosi ripercorriamo a ritroso il letto della Rambla de las Amoladeras, fino a reimboccare lo sterrato principale che costeggia il mare.
Oltrepassato l’argine occidentale del canale ci troviamo direttamente sulla Playa de Torre García, 2000 metri per 100 di sabbia scura e ciottoli. È la prima spiaggia del Parco Naturale del Ponente. O l’ultima, per chi – come noi - arriva da est.
Di fronte scorgiamo in lontananza una torre in pietra color ocra di fianco ad un edificio in tipica architettura iberica e, poco distante un’insolita quanto affascinante cappella bianca con cupola azzurra dall’aspetto greco bizantino.

La vista della costruzione religiosa anche se ancora molto lontana lascia entrambi senza fiato. È bellissima. Rimontiamo quindi in sella alla volta di torre e cappella.
La Playa de Torre García è ventosa. Questo causa un mare abbastanza ondoso e ne ha influenzato l’ambiente circostante, caratterizzato da dune. Ha diversi parcheggi ed è davvero pulita.
Si respira assoluto silenzio e tranquillità. Le targhe dei mezzi parcheggiati sono quasi tutte straniere. Pochi i locali, soprattutto pescatori. Gli altri, turisti inglesi e tedeschi, sono seduti sulla recinzione in legno che delimita lo sterrato o sulla loro sediolina intenti a contemplare le onde.
A circa 100 metri dalla torre lo sterrato si divide e dritto porta ad una grande grande struttura gialla, a sinistra alla torre, costeggiando una zona archeologica recintata.
Resti dell’antica fabbrica romana di salatura

Come indica il cartello informativo sul lato delle recinzione – ormai sbiadito e quasi illeggibile - si tratta di un’antica salagione romana, in funzione tra il 218 e il 409 d.C., riscoperta e valorizzata solo in tempi molto recenti.
La struttura è costituita da una serie di vasche utilizzate per produrre pesce salato (la più grande) e per il prelibatissimo garum, una salsa di pesce molto apprezzata in epoca romana e in seguito anche per l’estrazione del colorante viola per i tessuti, ottenuto da un mollusco.
Per ottenere il garum i pezzi di pesce venivano puliti, tagliati a pezzetti e lasciati ad essiccare al sole, successivamente introdotti nelle vasche con il sale dove venivano dimenticati per 20 giorni. Una volta completato il processo, il prodotto veniva confezionato in anfore a forma di becco che grazie alla loro base appuntita venivano conficcate nella sabbia dove rimanevano fino al momento della spedizione.
La torre di guardia di Torre García
Torre faro costruita nella seconda metà del XVI secolo, durante il regno di Filippo II, sui resti dell’unica costruzione difensiva di origine musulmana espugnata nel 1488, quando Almería fu riconquistata.

Torre García faceva parte della rete difensiva del Golfo di Almería ed era visivamente collegata a ovest con la torre Perdigal (a circa 7 km in linea retta) e ad est con la torre San Miguel. Aveva funzione di vedetta e segnalazione per la difesa della costa contro i pirati berberi, molto attivi all’epoca.
Le 3 guardie comunicavano la presenza di pericolo ad altre torri per mezzo di falò di notte e di segnali di fumo durante di giorno. Questa procedura di allarme tipicamente musulmana continuò ad essere utilizzata fino al XVIII secolo.
Nel 1759 versava in buone condizioni e aveva due custodi. Nel 1773 venne restaurata e rimase ben conservata fino a parte del XIX secolo.
Attorno al 1850 ne è riportato lo stato di degrado e lo spostamento delle guardie (carabinieri) in una caserma vicina, con un abbandono che durò decenni.
Dal 1987 è stata inclusa nel parco naturale Cabo de Gata-Níjar e tra il 1987 e il 1989 è stata nuovamente restaurata per decisione del Ministero della Cultura della Junta de Andalucía. Nonostante questo ultimo restauro però attualmente l’accesso è vietato a causa del cattivo stato di conservazione
Sanutario de la Virgen del Mar

Scattate alcune fotografie agli esterni di Torre Garcia ci incamminiamo verso l’edificio con il tetto a cupola che ci aveva tanto affascinati già da lontano. Manca qualsiasi pannello informativo, ma attraverso internet troviamo infretta le informazioni che desideriamo.
La piccola e colorata cappella è il Convento Reale di Santo Domingo, un convento di domenicani più conosciuto come Sanutario de la Virgen del Mar. Come la torre è visibile solo dall’esterno.
Fondato dai Re Cattolici nel 1492 e costruito alla fine del XVI secolo, tra il periodo tardo gotico e rinascimentale, viene, nel 1806, intitolato alla Virgen del Mar, che diventa patrona di Almería con l’approvazione di papa Pio VII.
La leggenda vuole che quì il 21 dicembre 1502 uno dei tre custodi di Torre Garcia, la guardia Andrés de Jaén ritrovò un’immagine della Vergine del Mare trasportata dalle onde.
La patrona non è presente nell’eremo, ma viene portata qui in processione la seconda domenica di gennaio (proprio durante la nostra permanenza!)
Abolito nel 1835 con la confisca di Mendizábal, continua comunque ad operare. Nel 1841 il Consiglio Comunale chiude definitivamente il convento e lo adibisce a cappella del Collegio di Lettere e Filosofia. Nel 1844 venne riaperto, nel 1899 i domenicani tornano in città e ne rientrarono in possesso costruendo un nuovo convento accanto a quello confiscato.

Nel 1936 diviene vittima di un incendio che lo distrugge parzialmente. Quattro anni dopo viene restaurato e la facciata ricostruita interamente.
El Toyo-Retamar
Lasciato l’eremo la strada costiera prosegue verso la città, l’ultima parte di Playa de Torre García (quella adiacente all’inizio del paese) sembra essere dedicata al naturismo.
Al termine dello sterrato e della spiaggia un grande cartello informativo ci saluta avvertendoci che stiamo uscendo dal Parco Naturale di Cabo de Gata. Immediatamente dopo il cartello la strada diventa asfaltata e inizia uno splendido lungomare che percorre tutta la costa dell’elegante urbanizzazione di El Toyo-Retamar.
Palmeral del Toyo, Paseo Marítimo e Plaza del Mar
Proseguendo in riva al mare si incontrano diversi bar, locali, pizzerie, chiringuitos e anche un piccolo chiosco in legno per il noleggio di risciò, il cui proprietario ci saluta sorridendo.
Superato quest’ultimo chiosco la strada asfaltata termina e inizia uno dei più bei lungomare pedonali che abbiamo mai incontrato. È il Paseo Marítimo di El Toyo.

Il largo marciapiede pedonale si riempie di palme curatissime, pergolati con tettoie e panchine.
Stiamo attraversando il Palmeral del Toyo. Alla nostra sinistra scorgiamo un lago artificiale a forma di trapezio dall’aspetto minimal e moderno su cui si affacciano alcuni ristoranti italiani. È Plaza del Mar.

Subito dopo un immenso e splendido parco ci farebbe pensare di trovarci nella dimora di qualche principe arabo.
Playa de Retamar
Superiamo il Paseo Marítimo di El Toyo, il Palmeral del Toyo e Plaza del Mar. Sulla nostra sinistra abbiamo la Playa de Retamar.
È una grande spiaggia di sabbia grossa di vari colori, molto pulita e ben tenuta, che costeggia tutta la città, dotata di molteplici accessi, anche per disabili, docce, aree riservate ai bagnanti e ben trenta bagnini nel periodo estivo: sono davvero tanti se si pensa che la spiaggia misura solo 1,5 km e che il paese conta poco più di 7.000 abitanti.

La spiaggia è Bandiera blù d’Europa e ha ricevuto la valutazione spagnola Q per l’alta qualità.
Verso la fine del lungomare pedonale scendiamo sulla spiaggia con le bici e proseguiamo sulla costa.
Bunker casamatta Playa de Retamar

Più in alto, al centro di una balconata ricavata sulla costa scorgiamo un piccolo bunker, presente sulle mappe, con il nome di Búnker de Retamar. È di una tonalità salmone, certamente colorato di recente per integrarlo nel paesaggio circostante.
Anche questa struttura difensiva è parte delle installazioni belliche tra la Collina di Testa, vicino al Faro di Cabo de Gata e Roquetas del Mar.
Casa Fuerte de la Cruceta

Alla fine del paese incontriamo un edificio militare color salmone. È la Casa Fuerte de la Cruceta, meglio conosciuta come Fortaleza de Casas Fuertes, una caserma fatta costruire da Carlo III nel 1773 per ospitare le truppe di cavalleria preposte alla difesa di Almeria e Cabo de Gata.
È una caserma a pianta rettangolare con porticato che precede un corpo diviso in due navate a volta (una dedicata alla stalla e l’altra alla caserma delle truppe e alla stanza degli ufficiali) e un terrazzo superiore.
Il muro perimetrale rettangolare presenta due sporgenze a pianta circolare con feritoie a due angoli opposti e altri due spigoli ad angolo retto privi di difesa. Era presente un’unica entrata ormai murata a indistinguibile dal resto delle mura.
Nel 1778 dava alloggio ad una guarnigione di 14 uomini. L’acqua potabile era prelevata dal Pozo de las Amoladeras. Rimase in uso per quasi 50 anni. Nel 1830 fu abbandonata e in tale stato rimase fino a quando, 27 anni dopo, fu trasferita ai Carabinieri della Guardia Civile divenendo Caserma. È divenuta monumento nel 1985.
L’edificio si presenta esternamente in buone condizioni, anche se tristemente riporta i segni di alcuni atti di vandalismo. Ci auguriamo quindi che i progetti per la riqualificazone e trasformazione della caserma in uno spazio di cultura vadano presto in porto.
Mentre stiamo scattando alcune fotografie un uomo anziano (un pescatore o forse un mendicante) ci si avvicina e ci sussurra che quel posto ha una brutta storia, che li tre ragazzi sono stati torturati e uccisi.
Decidiamo quindi di cercare più informazioni su quello che a breve scopriamo essere conosciuto come il “Caso Almería”
Il caso Almeria e il Fuerte de la Cruceta
Il Caso Almeria
Maggio 1981. Il capo dell’esercito del re, il generale Joaquín Valenzuela, vittima di un attacco dell’ETA, rimane gravemente ferito e perde tre dei suoi compagni.
Quasi in contemporanea tre giovani amici, Juan Mañas Morales, Luis Montero García e Luis Manuel Cobo Mier, viaggiano da Santander ad Almería per assistere alla comunione del fratello di uno di loro, quando un guasto al veicolo li costringe a fermarsi. Prendono il treno per Manzanares, e arrivati li noleggiano una Ford Fiesta verde.
Sabato 9 maggio 1981 la Fiesta è parcheggia sul lungomare di Roquetas de Mar, perché uno dei tre, originario di Almeria, vuole mostrare agli altri la città. È l’ultima volta che vengono visti vivi.
Il giorno successivo, i loro cadaveri vengono recuperati vicino a Gérgal, nel Desierto de Tabernas, all’interno della Ford Fiesta capovolta, carbonizzata e perforata dai proiettili. Presentano evidenti segni di tortura e i loro arti sono stati amputati.
Una squadra della guardia civile sostiene che i ragazzi siano rimasti vittima di uno scontro a fuoco con la polizia militare seguito da un inseguimento, ma si scopre che i fatti sono molto diversi.
I tre ragazzi vengono arrestati alle 21:05 di quel sabato (9 maggio 1981) senza opporre resistenza, mentre fanno acquisti in un negozio a Roquetas del Mar (Almeria).
Un cittadino (forse lo stesso il proprietario dell’autonoleggio) riconosce erroneamente i tre ragazzi come terroristi e avverte la Guardia Civil, che dà inizio a una caccia spietata. A capo del gruppo di ricerca c’è il tenente colonnello Carlos Castillo Quero.
Quero e 11 Guardie Civil arrestano, rapiscono e torturano per l’intera notte i tre innocenti nella Casa Fuerte de la Cruceta, in quel momento abbandonata, e rendendosi conto dell’errore, cercano di eliminare le prove .
A maggio di quest’anno (2021) in occasione del 40° anniversario dell’evento, nel punto in cui fu trovata l’auto carbonizzata, è stato posto un monolito che commemora i tristi eventi. Ad ottobre è stato invece eretto alle tre vittime un monumento in Plaza de las Estaciones de Santander, in Cantabria, la città da cui partirono.
Abitato di El Toyo
Oltre ai vari punti di interesse e allo splendido lungomare El Toyo è un paesino davvero grazioso. Ben tenuto, con una pista ciclabile interna che percorre tutto il paese e lo collega a Retamar. Sono i molti al momento i parcheggi in cui i camper vengono tollerati e diversi i punti d’acqua gratuiti.
Rambla del Puente de la Quebrada

Superato il viale alberato riprende tra le dune lo sterrato che questa volta attraversa un paesaggio stepposo.
Avanziamo sulle dune. Alla nostra sinistra, più in basso, abbiamo la costa. Alla nostra destra, circa 650 metri dopo la Casa Fuerte de la Cruceta si apre una folta macchia vegetativa.
Ci troviamo alle “foci” dell’ennesimo fiume ad intermittenza, questa volta si tratta della Rambla del Puente de la Quebrada, che troviamo – come ci aspettiamo visto il periodo – completamente in secca.
Decidiamo di percorrere anche questo canale, fino a dove è possibile. Qua l’alveo si presenta molto più largo e le sponde sono almeno tre volte più alte di quelle della Rambla de las Amoladeras.
Il paesaggio interno è meno selvaggio e bello di quello della Rambla de las Amoladeras e molto spoglio: ci ricorda quello che abbiamo incontrato risalendo il corso del canale che genera l’Albufera de Rambla de Morales.
In compenso le pareti rocciose stratificate sono spettacolari, e man mano che proseguiamo diventano sempre più imponenti. Alcune nubi nere all’orizzonte rendono il panorama quasi epico.
Avanziamo nell’entroterra fin dove è possibile, cioè fino a quando il corso del fiume è sbarrato dalla strada (attualmente denominata AL-3113).
La strada è molto più in alto, non è possibile arrivarci con facilità e da li non siamo visibili ne udibili. Sul lato opposto del letto del fiume non incontriamo nessuno da più di un kilometro.
È a questo punto che iniziamo a sentire un canticchiare inquietante provenire dalla sponda orientale. Incuriositi risaliamo la sponda in un punto in cui l’accesso è facilitato. Ci troviamo di fronte ad un immensa distesa di agavi.
Decidiamo di tornare indietro.
Sulla strada del ritorno, quasi giunti di nuovo allo sterrato principale sbagliamo strada (costeggiamo il lato est del canale invece di quello opposto). Qui ci rendiamo conto che mimetizzati tra la vegetazione ci sono tanti rifugi costruiti con teli simili alla iuta. Diversi di questi rifugi hanno fori per permetterne l’osservazione esterna.

Pensiamo a dei capanni di osservazione per volatili o strutture per la caccia, ma l’interno del letto del fiume è secco e non ci sono animali. Da una delle strutture proviene un lamento, forse un invito a lasciare il luogo. Proseguiamo raggiungendo da li a poco il sentiero.
Playa Del Perdigal e Bunker

Proseguendo verso Almeria alla nostra sinistra abbiamo la Playa Del Perdigal, grande, bella e selvaggia, ma purtroppo abbastanza sporca.
Proseguendo notiamo che dove la spiaggia curva e sporge verso il mare è presente una grande casamatta ben conservata (** Coordinate GPS: 36.83696, -2.33871 ** ), anche questa ad oggi non segnalata sulle mappe.
Ci avviamo di gran fretta al bunker, che purtroppo constatiamo essere stato preso di mira dai writers.
Bunker (seconda casamatta) Playa Del Perdigal

Più avanti la Playa Del Perdigal si allarga. Sulla spiaggia ci sono parcheggiati alcuni camper e una macchina. In alto, vicino ad un chiringuito, in un terreno in vendita, notiamo diversi motorhome e furgoni.
Scattiamo qualche foto alle barche, ai gabbiani, alle antiche carrucole utilizzate per trascinare le barche sulla sabbia e ad un piccolo bunker che si trova nel punto più alto della spiaggia. Proseguiamo quindi verso prossima e ultima tappa della giornata: la Torre del Perdigal
Torre del Perdigal

La Torre del Perdigal è un’altra delle torri difensive che era posta a protezione della costa e che comunicava direttamente con quella di Torregarcia. Si trova proprio di fronte all’Aereoporto di Almeria, sulla spiaggia.
Il sito è a dir poco in condizioni scandalose: rifiuti di ogni tipo, molti dei quali fonte di alto rischio biologico. Per arrivarci dobbiamo camminare tra la fitta vegetazione con la massima attenzione (anche perché indossiamo semplici scarpe da ginnastica).
Dal nostro diario
06/01/2022
Abbiamo effettuato l’escursione che avevamo programmato, da San Miguel de Cabo de Gata a Retamar.
Abbia pernottato a Retamar in zona El Toyo.

07/01/2022
Abbiamo proseguito la nostra esplorazione della costa da Retamar all’aeroporto di Almeria.
Durante il nostro percorso di ritorno nel letto del fiume in secca ci siamo imbattuti in nascondigli tra gli alberi da cui sembravano provenire lamenti.
Ale ha trovato un oggetto sulla riva del fiume in secca ma non vuole dirmi di cosa si tratta! Sembrerebbe fatto di ceramica. Se sapete cos’è vi prego di scrivermelo nei commenti!

Note finali
Durante la scrittura di questo post abbiamo contribuito alla voce wikipedia con modifiche, aggiunte e foto di San Miguel de Cabo de Gata all’indirizzo: https://it.wikipedia.org/wiki/San_Miguel_de_Cabo_de_Gata
Conclusione
Il percorso che porta alla Torre tocca come ultimo punto Playa de La Cañada, la cui esistenza è testimoniata solo da un cartello vecchio e arrugginito. La zona è infatti coperta da vegetazione e rifiuti.
Questo è il tipico esempio di destinazione ultima deludente. E di come la bellezza di un viaggio, di un’uscita, di un’esplorazione spesso si concentri nelle tappe intermedie.